INTRODUZIONE
L’implantologia si è imposta, nel corso degli ultimi 30 anni, come una tecnica affidabile e predittibile nelle mani dell’odontoiatra, per risolvere numerosi problemi dei pazienti. Si è talmente diffusa che, a volte, alcuni tendono a utilizzare questa soluzione al posto di una attenta e prolungata terapia parodontale. Scelta, questa, assolutamente discutibile sia perché la terapia parodontale di mantenimento, eventualmente associata alla chirurgia parodontale ricostruttiva, consente di ottenere buoni risultati anche a fronte di profonde tasche ossee (1 – 2) sia perché nessuno, a oggi, ha dimostrato essere gli impianti più longevi dei denti naturali, pur parodontosici, quando trattati con attenta e continuativa terapia causale. Tra il 1981 e il 2000 due gruppi di autori hanno seguito per 10 anni la sopravvivenza di molari mascellari che presentavano un interessamento della forca e avevano subito amputazioni. Il primo gruppo (Basten, Carnevale, Svardstrom e Wennstrom) presentava una percentuale attorno al 92-93%. Mentre il secondo gruppo (Langer e Buhler) che aveva seguito denti con lesioni più severe della forca di 3° grado, indicava una sopravvivenza tra il 62 e il 68%. Si può concludere che il mantenimento di molari che presentano lesioni parodontali con interessamento della forca si aggira attorno al 90% a 10 anni. Naturalmente se questi denti hanno subìto anche un trattamento endodontico questa percentuale di sopravvivenza può essere più bassa (3).
Altre ricerche confermano che la presenza di interessamento della forca raddoppia circa il rischio di perdita dei denti per i molari mantenuti in terapia parodontale di supporto per un periodo tra i 10 e i 15 anni. Tuttavia la maggior parte dei molari, anche quelli con interessamento della forca di terzo grado, rispondono bene alla terapia parodontale, suggerendo che ogni sforzo deve essere fatto per mantenere questi denti quando possibile. (4) E gli impianti quanto durano? “Recentemente cinque revisioni sistematiche (Lang et al. 2004, Pjetursson et al. 2004, Tan et al. 2004, Jung et al. 2007) hanno presentato i dati della sopravvivenza di impianti supportanti una singola corona protesica, a 5 anni e 10 anni. A 5 anni la percentuale di sopravvivenza risulta essere tra il 95,4% e il 96,5%, ma a 10 anni questa percentuale scende tra l’82,1% e il 92,8%“ (5). Dunque non è assolutamente vero che “un impianto è per sempre”. Questo tipo di pubblicità può essere valida per i diamanti da regalare alla fidanzata ma rappresenta una informazione del tutto scorretta se si riferisce agli impianti, mentre il paziente ha il diritto di essere informato in modo preciso e corretto.

Appena inseriti gli impianti in 13,14 e 15 (1997)
MATERIALI E METODI
La decisione di utilizzare gli impianti, estraendo dei denti naturali, deve sempre essere ponderata con attenzione. Negli anni tra il 1996 e il 2001 sono stati posizionati 139 impianti Straumann (il numero è decisamente superiore ma questo è il numero degli impianti che è stato possibile controllare periodicamente fino al 2018) su un totale di 46 pazienti (25 femmine e 21 maschi) di età compresa tra i 44 e i 68 anni.
22 di questi pazienti presentavano una anamnesi positiva per pregresse patologie cardiache come fibrillazione atriale, extrasistole, infarto del miocardio e sono stati monitorati per tutto il tempo dell’intervento con registrazione ECG e pressoria alla presenza di un cardiologo. Tutti i pazienti sono stati anestetizzati con carbocaina+vasocostrittore così come suggerito dalla letteratura (67-8).
50 impianti erano post estrattivi immediati e la procedura chirurgica è stata completata con Guided Bone Regeneration: osso bovino (Bio-oss, Geistlish Biomaterials, Svizzera ) come riempitore di spazio e membrane riassorbibili (XT4, Gore-Tex, USA). Tutti gli impianti Straumann (lunghezza 10-12-14 millimetri, larghezza 4.1 4.8 millimetri) utilizzati erano “Tissue Level”.
La scelta di utilizzare solo impianti che abbiano la connessione impianto-abutment fuori dalla profondità del tessuto molle, evitando così di posizionare la connessione nello spazio biologico e, con la connessione, la presenza di gap che si riempiono di batteri, risale fin dall’inizio della mia attività implantare (9). È sembrato fin da subito scelta sbagliata quella di creare una sorta di culla per patogeni proprio nel punto più delicato del sistema e laddove le difese dell’organismo sono minori. L’influenza del microgap tra impianto e abutment è sempre negativa nella misura in cui consente un accumulo batterico e una moltiplicazione dei patogeni. Maggiore è lo spazio disponibile per l’accumulo batterico, maggiore è il riassorbimento osseo che ne consegue. “Si può concludere che differenti configurazioni dei microgap influenzano la gravità e la forma dei difetti ossei perimplantari in impianti non sommersi posizionati a livello crestale e a livello subcrestale” (10-11). Tutti i 139 impianti sono stati caricati con protesi in metallo-ceramica e seguiti nel tempo con una visita di controllo ogni 6 mesi, in occasione della periodica seduta di igiene orale professionale. Una ortopantomografia di controllo è stata eseguita ogni 2-3 anni fino al 2018.

Impianti in situ con abutment inseriti per il carico immediato

Protesi definitiva (16 in estensione)

Protesi definitiva (16 in estensione)
RISULTATI E CONCLUSIONI
Con un follow up di 17-22 anni è stato possibile verificare la stabilità, la assenza o presenza di complicanze, il mantenimento della sovrastruttura protesica, sempre cementata all’abutment.
4 impianti hanno avuto una complicanza importante (perimplantite) e sono stati curati incidendo un lembo, realizzando una accurata detersione dei tessuti e della superficie implantare e sono stati recuperati.
12 impianti sono stati rimossi nel corso di questi 22 anni, dando così una percentuale di sopravvivenza del 91,37% . Risultato, questo, che si posiziona più in alto delle medie normalmente riportate in letteratura dell’8292% a dieci anni (5). Questo positivo risultato può dipendere da tre fattori:
1) La grande qualità del prodotto
2) Il posizionamento del gap impianto-abutment al di sopra dello spazio biologico
3) La attenta e continua azione di igiene professionale e motivazione all’igiene domiciliare.
impianti in situ con abutmen inseriti per il carico immediato

Impianti in situ con abutmen inseriti per il carico immediato
BIBLIOGRAFIA:
1) Leghissa G.C: “ESTRAZIONE E IMPIANTO O CHIRURGIA RIGENERATIVA?” Odontoiatria: Team at work 2018; n.5 giugno: 4-7
2) Leghissa G.C, Daniele S: “TERAPIA CHIRURGICA RIGENERATIVA” Odontoiatria: Team at work 2018; n. 6 luglio 2018
3) Pedersen PH, Lang NP, Muller F: “What are the longevities of teeth and oral implants?” Clin. Oral Impl. Res. 18 (suppl.3), 2007; 15-19
4) Nibali L, Zavattini A, Nagata K, Di Iorio A, Lin G-H, Needleman I, Donos
N. “Tooth loss in molars with and without furcation involvement – a systematic review and meta-analysis”. J Clin Periodontol 2016; 43:156-166
5) Campbell RL, Langston WG, Ross GA: “A comparison of cardiac pressure-rate product and pressure-rate quotient with holter monitoring in patients with hypertension and cardiovascular disease: a follow-up report” Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 1997; 84: 125-128
6) Brand HS, Van der wal JH, PalmerBouva CC, de Vries DR: “Cardiovascular changes during subgingival debridement” Int Dental J 1997; 47(2): 110-4
7) Leghissa G.C, Azzini M: “Vasocostrittore nei cardiopatici” Implantologia orale 2000; 5:23-34
8) Piattelli A, Scarano A, Paolantonio M, Assenza B, Leghissa GC, Di Bonaventura G, Catamo G, Piccolomini R: “Fluids and microbial penetration in the internal part of cement-
iMPianti in Situ cOn abutMen inSeriti Per il caricO iMMediatO
retained versus screw-retained implant-abutment connections” J.Periodontology 2001; 72:1146-1150 9) Dietmar Weng, DDS, Dr Med Dent1/Maria Josè Hitomi Nagata, DDS, MSc, PhD2/Mattias Bell, DDS, Dr Med Dent3/Luiz Gustavo Nascimento de Melo, DDS, MSc, PhD4/ Alvaro Francisco Bosco, DDS, MSc, PhD2 – Int J Oral Maxillofac Implants.
2010 May-Jun; 25(3):540-7 – Int J Oral Maxillofac Implants. 2010 MayJun;25(3):540-7 11) Lopez de Chaves e Mello Dias EC, Sperandio M, Napimoga MH. “Association Between Implant-Abutment Microgap and Implant Circularity to Bacterial Leakage: An in Vitro Study Using Tapered Connection Implants” JOMI 2018; 33,3: 505-511.
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