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ANDI: ma una volta nella vita… facciamo una “interpretazione” esatta?

background-1445851098Continua la serie delle “interpretazioni” della legge da parte di ANDI che si dimostrano male interpretate, cioè fantasiose, cioè sbagliate. Si comincia da lontano, quando l’ANDI sosteneva che, sulla fattura (ricevuta fiscale da rilasciare al paziente), bastava una formulazione generica tipo “ciclo di prestazioni specialistiche odontoiatriche”.
“L’associazione medici dentisti italiani (ANDI) ha chiesto di conoscere se deve ritenersi corretta la propria interpretazione del comma 2, art. 21 del DPR 26-10-1972, n.633, per quel che concerne la descrizione da predisporre nella fattura relativamente alla natura, qualità e quantità delle prestazioni rese dai medici specialisti in odontostomatologia e odontoiatri.” La risposta è tanto secca quanto chiare: “Appare evidente che il legislatore abbia voluto imporre ai contribuenti l’obbligo di specificare puntualmente le prestazioni rese al chiaro fine di facilitare la successiva, ed eventuale, attività di accertamento degli organi verificatori dell’Amministrazione finanziaria. Di conseguenza, risulta difforme dalla volontà del legislatore il proposto contenuto della descrizione da apporre sulla fattura, relativa alle prestazioni rese dai medici specialisti in odontostomatologia e dagli odontoiatri, in quanto pecca di eccessiva genericità…”.

Si è così andati avanti sull’ECM, sulle autorizzazioni sanitaria ecc. fino ad arrivare alla questione del medico competente. Si legge sul sito ANDI Nazionale una pubblicazione del 26 marzo 2014 che illumina gli associati riguardo l’obbligatorietà di sorveglianza sanitaria da parte del medico competente: “La sorveglianza sanitaria non è necessaria negli studi odontoiatrici se, applicate le misure generali di tutela previste dall’art. 266 quater, come certificato nella valutazione di cui all’art. 266 quinquies, il rischio da ferite da taglio non emerge come concreto e possibile”.

È come dire: “mettiti il casco così non cadi dalla moto”. Ma il casco serve proprio nel caso si caschi dalla moto. E non è possibile, in nessun modo, essere sicuri e garantiti che non si cadrà mai. La stessa pubblicazione continua: “Ogni collega dovrà quindi rielaborare la valutazione dei rischi per la propria attività e solo qualora evidenzi la presenza del rischio, allora dovrà ricorrere alla sorveglianza sanitaria”.

Ora, dopo che evidentemente la “interpretazione” si è dimostrata errata e sanzionabile, ANDI scrive (mail da ANDI Novara22-12-2016): “Visti i nuovi adempimenti (sono passati tre anni! n.d.r.) imposti in materia di sorveglianza sanitaria sui luoghi di lavoro e le differenti interpretazioni (quali? n.d.r.) a cui il testo di Legge si presta da parte degli enti verificatori ANDI Nazionale non è più nella posizione di sostenere la scelta di contrarietà all’obbligo di verifica nei luoghi di lavoro da parte del Medico Competente in ambito odontoiatrico: per il datore di lavoro che ometta la nomina del Medico Competente è previsto l’arresto da 2 a 4 mesi o una ammenda da 1.500 a 6.000 €…

A parte il fatto che una frase così è degna del peggior politichese il senso è: “abbiamo sbagliato, ci vuole il Medico Competente”. Cari amici dell’ANDI non sarebbe meglio stare più attenti nelle “interpretazioni” e evitare brutte figure? Ma la verità è che tutte queste interpretazioni errate rappresentano una linea politica: ogni qualvolta esce una norma che ci pare vada contro gli interessi della categoria, noi dell’ANDI ci opponiamo così facciamo vedere che siamo un bel sindacato attento ai bisogni dei dentisti. Poi, passati gli anni, ci si dovrà adeguare non avendo ottenuto nulla, ma non importa, si è fatta la bella figura.

E qui ci stanno proprio bene alcune osservazioni:

  1. Chi ha detto che si è fatta una bella figura? Le leggi e le normative, in uno stato civile, non possono essere nell’interesse di questa o di quella categoria. Devono essere nell’interesse dei cittadini, della grande maggioranza dei cittadini, qualche volta anche contro gli interessi strettamente confinati ad una categoria. Opporsi alle nuove normative, fare ogni volta il “grido di disperazione” per l’aggressione alla categoria ecc. non fa altro che isolare sempre di più il mondo dell’odontoiatria dal resto della società, con il risultato che la società civile sente sempre meno il bisogno di confrontarsi con noi e prende le sue decisioni in totale assenza di dialogo.
  2. Opporsi sistematicamente alle nuove norme, anche quelle come quest’ultima sulla prevenzione delle ferite da punta e da taglio, o rifiutare tenacemente la figura professionale della Assistente di Studio Odontoiatrico, non serve a nulla perché, per fortuna, il mondo va avanti anche senza l’opinione di ANDI e le decisioni vengono imposte.
  3. E chi ha deciso che si difende la categoria difendendo vecchi stereotipi senza cogliere quanto di nuovo e positivo ci può essere nelle sfide che il mondo pone davanti a tutti? Chi ha detto che la libera professione, intesa così come è oggi, sia la soluzione migliore? Ma quale dignità della professione quando questa professione è incapace di affrontare i problemi di salute del 60% dei cittadini italiani? Quale dignità della professione quando giovani laureati vengono assunti nelle cooperative per lavorare a 7 euro l’ora? Quale dignità c’è nel fatto che migliaia di giovani odontoiatri non trovano una collocazione dignitosa, migliaia di odontoiatri non riescono a mantenere il loro studio, milioni di italiani non riescono a farsi curare? Chi ha deciso che le proposte che abbiamo ripetutamente fatto, anche sotto forma di progetto di legge presentato in Parlamento, non meritassero nemmeno una discussione? Si tratta di una politica miope, non al passo con i bisogni dei cittadini né con quelli della grande maggioranza degli odontoiatri.

E credo che si giunto il momento di dire: “Non in mio nome”.