Il 15 gennaio 2015 (almeno così crediamo perché la data è scritta molto male) la signora Emilia si presenta in una Clinica Dentistica in Piacenza perché ha dolore ai denti. Viene fatta una visita, una ortopantomografia e una prescrizione per terapia antibiotica. Perfetto.
No, non è perfetto, perché a fronte del pagamento (in contanti) la signora riceve una “quietanza di pagamento” cui … segue fattura. In effetti due giorni dopo, il 17 gennaio 2015, a seguito di richiesta della paziente, è stata emessa regolare fattura. Ma la fattura (ricevuta sanitaria) deve essere emessa all’atto dell’incasso. Di qualunque incasso e non qualche ora dopo, qualche giorno dopo ecc.
Questa metodica ci ricorda quella di ristoranti milanesi che, chiesto il conto, consegnano un “preconto” senza alcun valore fiscale, sul quale c’è scritto che bisogna rivolgersi alla cassa per regolare fattura. E quanti vanno alla cassa? Quanti se ne accorgono?
Ci ricorda anche quel collega che paga regolarmente le sue assistenti per 20 ore la settimana e tutto il resto del tempo in “nero”.
Ci ricorda quel ristorante di Milano che fa lavorare i ragazzi in “nero” e poi li paga un po’ alla volta, ma mai quanto dovuto, così rimane sempre qualcosa indietro. O quel famoso bar nel centro che fa panini e che non fa mai lo scontrino…
D’altra parte in questo Paese (fonte: Agenzia delle Entrate, dati relativi al 2013) l’82.6% dell’IRPEF arriva dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. Con titolari dei negozi di abbigliamento e strumenti musicali, i rivenditori d’auto e i titolari di mercerie ridotti alla fame con un reddito annuo d’impresa di 6.100€.
Sono, naturalmente, casi isolati, perché invece tutti gli altri fanno regolarmente fatture e scontrini, pagano i contributi e sono in regola con i contratti di lavoro. Ci piace credere che sia così perché vogliamo bene a questo nostro bellissimo Paese non sempre ben abitato.
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