Il fumo è un fattore di rischio per malattie cardiovascolari, respiratorie e neoplastiche: il ruolo fondamentale del medico di famiglia e l’importanza di dieta e attività fisica.
La prevenzione primaria dal fumo di sigarette è stata molto sostenuta negli anni ’90, in particolare dal Ministro Girolamo Sirchia. Le leggi a suo tempo promulgate hanno giustamente affrontato, prevalentemente, il problema del fumo passivo con il rispetto per i non fumatori nelle aree pubbliche, ma poco si è potuto fare per ottenere una significativa riduzione di fumatori in Italia.
Le percentuali che in quegli anni erano del 35% per i maschi e del 25% per le femmine equivalenti a circa 14 milioni di fumatori, dopo la legge emanata da Girolamo Sirchia, si sono progressivamente ridotte rimanendo purtroppo ancora troppo elevate.
Negli USA, nonostante le campagne antifumo e la riduzione complessiva dei fumatori adulti, il 35% dei ragazzi delle scuole superiori fuma e, osservazione singolare, si stanno affermando prodotti simili alle sigarette e che, essendo sprovvisti di filtro, hanno conseguenze ancora peggiori: è il caso, per esempio, dei bidis sigarette piccole fatte a mano e molto aromatizzate prodotte in India o dei kreteks prodotti in Indonesia, sigarette fatte da due terzi di tabacco compresso e per un terzo di garofani aromatizzati e tagliuzzati.
Attualmente i trattamenti antifumo in tutto il mondo, ufficialmente riconosciuti dall’OMS, hanno come cardine l’uso dei derivati dalla nicotina (peraltro prodotti da banco). Esistono inoltre in commercio due farmaci finalizzati ad aiutare il fumatore a uscire dalla dipendenza i cui risultati si attestano intorno al 50% dei successi.
Se il medico di famiglia si impegnasse con totale abnegazione verso i suoi assistiti fumatori, potrebbe ottenere, proponendo i derivati dalla nicotina e rendendosi disponibile a periodici colloqui di sostegno con il suo assistito, dal 10 al 15% di cessazione dal fumo ad un anno di follow-up; naturalmente senza alcun riconoscimento per questo suo impegno da parte delle Asl e quindi semplicemente partendo da una forte motivazione personale, sempre che anch’egli non rientri nella percentuale di soggetti fumatori e quindi sia poco o per nulla motivato. Precisiamo a questo proposito che la percentuale di fumatori nell’area sanitaria è equivalente alla percentuale generale della popolazione italiana.
Ricordiamo comunque che il ”minimal advice” cioè la semplice proposta del medico di famiglia al suo assistito di smettere di fumare ottiene il 2% di risultati di cessazione dal fumo a un anno di osservazione, a conferma che il medico di medicina generale non deve sottostimare il suo potenziale di suggestione nei riguardi di un problema così complesso come la dipendenza tabagica.
Un barlume di speranza a favore della prevenzione primaria parrebbe arrivare da un nuovo farmaco in fase di sperimentazione che blocca in modo selettivo i recettori CB1 degli endocannabinoidi.
Sulla base dei deludenti risultati riguardanti la prevenzione primaria in Italia, da qualche anno ci siamo impegnati nell’affrontare il tema della prevenzione secondaria allo scopo di valutare la reale possibilità di identificare oggi, alla luce di innovative indagini diagnostiche, il reale fattore di rischio di ogni fumatore e la possibilità di correggerlo o almeno contenerlo nel caso, purtroppo assai frequente, che il fumatore non riuscisse a smettere.
Le due grandi novità che ci hanno permesso questa scelta derivano dall’area diagnostica e sono:
– 1°) la possibilità di eseguire ai fumatori un pannello di esami ematologici in grado di valutare il bilancio ossidativo individuale
– 2°) la comparsa da oltre 20 anni, come presidio diagnostico, della Tomografia assiale computerizzata spirale (TAC-S) del torace, in grado di dare una lettura morfologica analitica dell’apparato respiratorio e cioè di identificare, da una parte, tutti i danni anatomici espressi dopo vari anni di fumo e, dall’altra, diagnosticare i tumori polmonari di dimensioni inferiori a 1 cm spesso non visibili alla radiografia standard del torace.
Fattori di rischio per i fumatori:
I radicali liberi
È ormai a conoscenza di tutti che il fumo rappresenti un fattore di rischio per malattie cardiovascolari, respiratorie e neoplastiche; il danno organico che porta alla malattia conclamata è la risultante del danno biologico che si produce ai diversi livelli del metabolismo cellulare, principalmente a seguito dello stress ossidativo, cioè conseguenza dell’eccesso di produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Lo stress ossidativo è associato a un certo numero di malattie infiammatorie polmonari che includono l’asma, la sindrome da stress respiratorio, la fibrosi polmonare idiopatica, la fibrosi cistica, il cancro del polmone e le bronchiectasie. I polmoni sono infatti esposti al danno ossidativo, come sono esposti a un ambiente ricco di ossigeno e tossine.
Oltre al fumo altri fattori (iperomocisteinemia, dislipidemia, diabete, infiammazione) sono in grado di provocare disfunzione endoteliale sia agendo singolarmente sia in associazione.
Uno dei sistemi più sensibili allo stress ossidativo è l’endotelio che reagisce attivandosi secondo un meccanismo proinfiammatorio che conduce, attraverso una cascata di eventi, alla placca aterosclerotica.
I ROS sono specie chimiche che posseggono uno o più elettroni spaiati. Il termine “specie reattive dell’ossigeno” (ROS) descrive una serie di radicali liberi come O2 e OH e altre molecole ossigenate non radicali come il perossido di idrogeno (H2O2) e l’acido ipocloroso. (2).
I radicali liberi si possono formare in vari modi:
– 1° principalmente in reazioni biochimiche redox che coinvolgono l’ossigeno che fanno parte del normale metabolismo;
– 2° dai fagociti come prodotti di reazioni infiammatorie controllate;-
3° occasionalmente in risposta alla esposizione di radiazioni ionizzanti, raggi UV, inquinamento ambientale, fumo di sigarette, iperossia, eccessivo esercizio fisico e ischemia.
Di fronte alla formazione di ROS il nostro organismo possiede un complesso sistema di difesa antiossidante, enzimatico e non, in grado di neutralizzare i danni che i ROS producono. Tale sistema può essere profondamente danneggiato dal fumo, mediante intrinseca induzione di stress ossidativo, favorendo la progressione di malattie cardiovascolari, respiratorie e neoplastiche. L’equilibrio tra le specie ossidate e ridotte dei tioli nel plasma, lo stato redox e il substrato energetico cellulare contribuiscono a mantenere l’efficienza del sistema antiossidante, risultando indici e marcatori specifici di omeostasi cellulare (2).
Il sistema antiossidante:
total capacity antioxidant
Il sistema antiossidante integrato comprende diversi componenti:
1) Antiossidanti primari: prevengono la formazione di nuovi ROS ad esempio: Ceruloplasmina – Metallotionina – Albumina – Tranferrina – Ferritina – Mioglobina.
2) Antiossidanti scavenger: rimuovono i ROS una volta formati, prevenendo di conseguenza la catena di reazioni radicaliche essi sono:
– enzimi, ad esempio: Superossido dismutasi (SOD), Glutatione perossidasi (GPx), Glutatione redattasi (GR), Catalasi, Metalloenzimi;
– piccole molecole, ad esempio: Glutatione (GSH), Acido ascorbico (vit.C), Tocoferolo (vit.E) Bilirubina, Acido urico, Carotenoidi e Flavonoidi.
3) Enzimi di riparazione: riparano o rimuovono biomolecole danneggiate dai ROS. Questi includono gli enzimi deputati alla riparazione del DNA e la Metionina sulfossido redattasi.
Nel CERRS (Centro di eccellenza per le ricerche e lo studio dello stress ossidativo) sono stati sviluppati metodi per monitorare sia i singoli componenti antiossidanti sia lo stato complessivo del sistema antiossidante e infiammatorio; sono state inoltre ottimizzate e validate una serie di analisi, principalmente in HPLC per la valutazione dell’omeostasi e dello stato redox ed energetico cellulare.
La cromatografia liquida ad alta prestazione (High Performance Liquid Chromatography, un tempo nota come high-pressure liquid chromatography), più semplicemente nota con l’acronimo inglese HPLC, rappresenta l’evoluzione strumentale della cromatografia in fase liquida su colonna classica.
Questo pannello di esami può essere impiegato parzialmente o nella sua globalità nei due settori chiave della diagnostica clinica:
– screening di prevenzione primaria: per scoprire e identificare i soggetti con basse difese antiossidanti ed elevati livelli di ROS che possono essere a rischio più elevato di sviluppare malattie indotte dai ROS.
– monitoraggio diagnostico: sui pazienti, sia per la valutazione qualitativa e quantitativa del sistema antiossidante e dei livelli di ROS per determinare la risposta ottimale a eventuali trattamenti correttivi effettuati con farmaci o integratori alimentari o, più semplicemente, modificando lo stile di vita.
Valutazione dello stato antiossidante e dello stress ossidativo
Albumina- tocoferolo (vit.E) acido ascorbico (vit.C) perossidi lipidici
Valutazione dello stato infiammatorio
Citochine/interleuchine (IL1beta, TNF alfa, IL-6, IFN gamma), neopterina.
Valutazione dell’omeostasi cellulare-stato redox dei tioli
Tioli totali nel plasma e nel sangue: cisteina, omocisteina, glutatione, cisteinilglicina.
Tioli ridotti nel plasma e nel sangue: cisterna, omocisteina, glutatione, cisteinilglicina.
Valutazione dello stato redox cellulare
NADPH eritrocitario, GSH eritrocitario, GPx (Se).
Valutazione del substrato energetico e formula
ATP, ADP, AMP, NADH, NAD (P) + NAD + eritrocitari.
Sulla base di queste considerazioni e possibilità diagnostiche, in collaborazione con il professor Roberto Accinni, biochimico e ricercatore al CNR dell’Ospedale di Niguarda, abbiamo impostato una ricerca su un gruppo di 35 fumatori di 30 pack’s year (=30 anni di fumo con una media di 20 sigarette al giorno), non intenzionati a smettere e senza alcuna evidenza di malattia o sintomi correlati al fumo. L’attenzione nel reclutamento è stata verso lo stile di vita individuale legato all’abitudine al fitness e al tipo di alimentazione in relazione al consumo di pesce, carne e frutta e verdura.
L’obiettivo di questo studio era di confermare come questa tipologia di soggetti, forti fumatori, fosse esposta a uno stress ossidativo cronico, premessa dello sviluppo di patologie cardiovascolari, respiratorie e neoplastiche e, se fosse stato possibile, una volta avuta questa conferma dagli esami ematologici, con la somministrazione di antiossidanti specifici, correggere questo tipo di esposizione al rischio. Gli esami basali del sangue prevedevano oltre alla valutazione di colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi, omocisteina, folati serici ed intraeritrocitari, vitamina B12, i ROS determinati nel siero come lipoperossidi, la CAT o capacità antiossidante totale valutata con un KIT commerciale (OXI assorbent-Caratelli Grosseto) inoltre venivano valutati Nucleotidi adenosinici e pirimidinici, ossidati e ridotti: ATP, ADP, AMP, NAD, NADH, NADP e NADPH nel sangue intero usando una apparecchiatura HPLC con rivelatore fluorimetrico.
Sempre con lo stesso tipo di apparecchiatura in HPLC veniva valutato lo stato redox dei tioli dosando cisteina, omocisteina, cisteinilglicina e glutatione totale e ridotto.
Sulla base dei risultati ottenuti si è definito uno “score di rischio” per ogni soggetto, avendo conferma che i fumatori si differenziavano dai controlli selezionati fra i non fumatori e di età analoga, per una profonda alterazione degli esami basali con identificazione di nuovi fattori di rischio per la malattia cardiovascolare riguardanti l’alterata omeostasi cellulare, il basso potere riducente e la riduzione del substrato energetico.
Per due mesi a questi soggetti sono stati somministrati integratori alimentari regolarmente in commercio a base di omega 3 ed omega 6 addizionati con vitamina E (3-4) e un pool di antiossidanti costituito da vitamine del gruppo B e minerali a basse dosi.
Il prelievo ematico di controllo confermava la riduzione dei fattori di rischio con spostamento dello “score” in modo assai variabile nei singoli soggetti ma statisticamente significativo per il gruppo trattato rispetto ai controlli (5).
Conclusioni
In questa prima fase di studio abbiamo potuto differenziare il profilo biologico di un gruppo di fumatori di 30 packs/years (= 20 sigarette al giorno per 30 anni) rispetto ad un gruppo di controllo della stessa età, non fumatori.
Il gruppo dei fumatori ha dimostrato un aumento dello stress ossidativo e una riduzione delle difese antiossidanti, ulteriormente aggravata, in alcuni casi, dalla presenza di dislipidemia, queste alterazioni si possono considerare come le premesse biologiche che favoriscono le patologie cardiovascolari, respiratorie e neoplastiche (3-4).
Il primo rilievo interessante è stato quello che lo “score di rischio individuale” era correlato allo stile di vita in relazione all’alimentazione e all’abitudine al fitness essendo nettamente più basso nei soggetti che si nutrivano in abbondanza di frutta , verdura e pesce ed erano abituati a fare sport o a frequentare regolarmente la palestra.
Abbiamo anche osservato, in uno studio preliminare, ma comunque su un gruppo statisticamente significativo, come sia possibile contenere questi danni con adeguati supporti di tipo nutrizionale.
Se quindi il medico di famiglia iniziasse, già nei giovani fumatori, a dare questi suggerimenti sull’importanza di un’alimentazione ricca di frutta e verdura e di pesce e di un adeguato fitness, sempre restando ferma la proposta dell’abbandono del fumo di sigaretta, è evidente che si svilupperebbe una prevenzione molto precoce che sicuramente potrebbe contenere il danno da stress ossidativo attraverso il potenziamento della total antioxidant capacity (TAC).
Se inoltre lo stesso medico di famiglia, osservando il rischio genetico vascolare, con esami ematologici di routine (colesterolo, HDL, LDL, trigliceridi, omocisteina) intervenisse con correzioni farmacologiche o alimentari, potrebbe controllare ancora più precocemente, il micidiale sinergismo tra dislipidemia e stress ossidativo, responsabile di precoci patologie cardiovascolari in questi sfortunati soggetti (4).
La correzione dell’iperomocisteinemia con somministrazioni di basse dosi di acido folico e di vitamine del gruppo B è ormai conoscenza acquisita così come gli acidi grassi omega 3 e omega 6 in giusta proporzione, addizionati a basse dosi di vitamina E, si stanno sempre più rivelando potenti protettori della membrana cellulare (3).
Se a questa serie di interventi si aggiungesse l’invito a contenere il fumo entro le 10 sigarette al giorno, il rischio di stress ossidativo sarebbe ulteriormente contenuto; fermo restando che l’attuale longevità invita comunque il fumatore ad abbandonare il fumo il prima possibile, per costruirsi una vecchiaia da non invalido.
di Vincenzo Soresi e Roberto Accinni
Ospedale Ca’ Granda, Niguarda. (Milano)
Per aggiornamenti sull’argomento:
www.octopusmed.org sito del Prof. Vincenzo Soresi sulla prevenzione.
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