Sindacato

Il testo unico sulla maternità

L’interdizione anticipata, l’astensione obbligatoria e il congego post-partum: cosa c’è da sapere

I

 l Parlamento italiano ha approvato il Decreto Legislativo 26 marzo 2001 n° 151 denominato “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, entrato in vigore il 27 aprile 2001 (e successive modifiche e integrazioni compresa la modifica apportata al periodo tutelato dalla Legge di Bilancio 2019, ovvero l’astensione obbligatoria di 5 mesi dopo il parto).  Il TU disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità.

Anche il Codice Civile all’articolo 2110 recita “In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dagli usi o secondo equità e il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell’anzianità di servizio”.

Con la nota 13 ottobre 2021, n. 1550 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro risponde alle richieste di chiarimenti sulle procedure di rilascio dei provvedimenti di interdizione anticipata e di maternità post partum di cui al D.Lgs 26 marzo 2001, n. 151.

DA QUANDO DECORRE LA MATERNITÀ ANTICIPATA

Con riferimento alla data di decorrenza dell’interdizione, da prevedere “quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino” e “quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni”, si ricorda che l’art. 18, commi 7 e 8, del D.P.R. n. 1026/1976 individua nel provvedimento emanato dall’Ispettorato, entro 7 giorni dalla ricezione della documentazione, il presupposto necessario per l’astensione dal lavoro. Ne deriva che l’astensione decorrerà dalla data di adozione del provvedimento stesso.

L’astensione dal lavoro può essere immediata su indicazione dell’INL, quindi decorrere dalla data del relativo provvedimento, soltanto se il datore di lavoro produce una dichiarazione nella quale risulti in modo chiaro, sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione aziendale, l’impossibilità di adibirla ad altre mansioni. La stessa istanza può essere presentata anche dalla lavoratrice, vedremo più avanti la modulistica per entrambi i casi.

L’Ispettorato precisa, inoltre, che i giorni antecedenti la data presunta del parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria vanno aggiunti al periodo di congedo da fruire dopo il parto. Tale principio trova applicazione anche nelle ipotesi di interdizione fino al settimo mese dopo il parto. Nelle ipotesi in cui l’interdizione anticipata sia disposta dall’ASL, la maternità decorre dalla data di inizio dell’astensione dal lavoro, risultante dal Libro unico del lavoro e dal certificato medico rilasciato alla lavoratrice. L’assenza non può pertanto decorrere da una data antecedente rispetto a quella di rilascio del certificato ASL.

COSA PREVEDE ILA NORMATIVA

Se la gravidanza decorre regolarmente e se l’attività svolta non espone a rischi particolari è previsto per tutte le lavoratrici un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro (congedo di maternità), che comprende i 2 mesi precedenti e i 3 mesi successivi al parto. Questo periodo può essere esteso per i seguenti motivi:

1) Qualora vi siano gravi complicanze della gestazione o preesistenti malattie che potrebbero essere aggravate dallo stato di gravidanza (maternità anticipata per gravidanza a rischio);

2) Qualora le condizioni di lavoro siano pregiudizievoli per la salute della donna e del bambino e la lavoratrice non possa essere spostata ad altra mansione (maternità anticipata e/o prolungata per lavoro a rischio). Non sono pochi i fattori di rischio connessi alle attività lavorative che possono comportare rischi per la donna, in questa delicata fase della vita.

La normativa prevede pertanto precisi obblighi per il datore di lavoro.

COSA DEVE FARE IL DATORE DI LAVORO (D.Lgs 151/2001)

Il datore di lavoro deve valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici madri, in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici nonché i processi e le condizioni di lavoro. Il datore di lavoro ha inoltre l’obbligo di informare le lavoratrici e i loro RLS sul DVR e sulle conseguenti misure di protezione e prevenzione adottate (Art.11.1). Qualora i risultati del DVR rivelino un rischio per la sicurezza e la salute della lavoratrice in gravidanza, puerperio o allattamento, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinché l’esposizione al rischio della lavoratrice sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro (Art. 7.4). Qualora tali modifiche non fossero possibili, la lavoratrice deve essere adibita ad altre mansioni.

Nota importante: la lavoratrice eventualmente adibita a mansioni inferiori a quelle abituali, conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale. Quindi non cambia nulla se non la mansione. Nel caso in cui la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, verrà allontanata dal lavoro mediante un provvedimento di interdizione anticipata emanato dalla Direzione Provinciale del Lavoro (Art. 7.5). 

QUALI SONO I LAVORI VIETATI ALLE LAVORATRICI MADRI 

La normativa sopra citata stabilisce che è vietato adibire le lavoratrici madri ai lavori faticosi, pericolosi e insalubri (Art.7). In riferimento agli studi odontoiatrici, i lavori vietati per tutto il periodo della gestazione ed eventualmente fino a 7 mesi dopo il parto sono quelli che espongono ai fattori di rischio riportati in Tabella 1.

ASTENSIONE OBBLIGATORIA E RETRIBUZIONE.

È davvero possibile astenersi dall’andare al lavoro durante l’allattamento?

Il TU in materia di maternità e paternità prevede una misura, quella dell’allattamento a rischio, al fine di garantire la sicurezza della donna nel periodo successivo al parto. Assicurare alla neo mamma uno stile di vita sano tale da non pregiudicare e compromettere la quantità ma anche la qualità del latte a disposizione, la sua specificità.

Nei vari settori lavorativi che possono rappresentare dei fattori di rischio per le neo mamme condizionando negativamente l’allattamento, rientra il settore della sanità pubblica e privata.

In questi settori infatti, le lavoratrici possono venire a contatto con: 

1- agenti fisici: come le radiazioni ionizzanti, nello specifico a 1 millisievert all’anno, (Art. 8.1) lavorando quali tecniche di laboratorio radiologico o come radiologhe oppure alle lavoratrici che subiscono rumori molto forti, sopra i 90 decibel, o ancora a quelle che subiscono sollecitazioni termiche, lavorando in cucine troppo calde o in celle frigorifere. O le lavoratrici sottoposte a vibrazioni negli arti superiori o su tutto il corpo lavorando ad esempio sulle navi, sui treni e su altri mezzi di trasporto in moto;

2- agenti biologici: caso in cui le lavoratrici siano impiegate nelle sale adibite al ricondizionamento/sterilizzazione di materiale chirurgico, in reparti per malattie infettive, mentali o nervose si occupino dell’allevamento e della cura del bestiame ed anche di quelle che sono impiegate nel settore della scuola, laddove possono venire a contatto con malattie infettive quali varicella e rosolia trasmesse dagli alunni, negli studi odontoiatrici svolgendo mansione di assistenza all’odontoiatra;

3- agenti chimici: si veda il caso delle lavoratrici che sono obbligate al contatto con vernici, gas, polveri, fumi, mercurio e derivati, pesticidi, sostanze tossiche, corrosive, esplosive ed infiammabili poiché lavorano nel settore agricolo o in industrie chimiche o anche le estetiste o le parrucchiere che utilizzano prodotti chimici, presso gli studi odontoiatrici nella preparazione di soluzioni decontaminanti o disinfettanti, ecc…

Sono considerati rischiosi anche quei lavori che vengono svolti in presenza di sforzo fisico o posture prolungate e incongrue come l’assistenza all’odontoiatra durante le manovre chirurgiche o ancora l’utilizzo di scale/impalcature, al settore alberghiero e domestico, alle operatrici sanitarie e di interesse sanitario o alle parrucchiere ed estetiste che trascorro molte ore in piedi o, ancora, alle insegnanti che possono assumere dei carichi posturali scorretti e prolungati nel tempo.

La maternità obbligatoria, che è stabilita per legge (D.Lgs 151/01), ha una durata di 5 mesi durante i quali la donna percepisce l’80% della sua retribuzione, inizia due mesi prima della data prevista del parto e prosegue fino al compimento del terzo mese del bambino. La retribuzione durante il periodo di maternità può anche essere del 100% se sono stati sottoscritti contratti collettivi che lo prevedono, la differenza in più viene erogata direttamente dal datore di lavoro. 

Qualora si verifichi una nascita anticipata rispetto al termine previsto, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal suo servizio, oltre ai 3 mesi post partum anche ai giorni di cui non ha fruito in precedenza.

La maternità obbligatoria spetta anche alle lavoratrici che abbiano subito un aborto dopo il sesto mese di gestazione le quali hanno diritto all’astensione dal lavoro per 5 mesi.

MATERNITÀ OBBLIGATORIA: TERMINI ORDINARI

La maternità anticipata è un’eccezione rispetto ai termini ordinari dell’astensione, va quindi ripresentata la domanda non essendoci un “passaggio automatico” tra interdizione e astensione obbligatoria.

La lavoratrice deve infatti assentarsi obbligatoriamente dal lavoro nel periodo che intercorre tra:

– i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (oltre ai giorni che separano la data presunta del parto da quella effettiva in caso di nascita avvenuta oltre il termine) 

– e i 3 mesi successivi al parto.

Il conteggio dei 2 mesi precedenti il parto deve avvenire procedendo a ritroso senza considerare la data presunta del parto indicata nel certificato di gravidanza.

Prendiamo il caso di una dipendente la cui data presunta sia il 30 settembre 2022. L’astensione precedente il parto interesserà il periodo 30 luglio – 29 settembre 2022 (compreso).

Entro i 30 giorni successivi il parto, la lavoratrice deve quindi presentare al datore di lavoro il certificato di gravidanza e comunicare all’INPS la data di nascita del figlio e le sue generalità, certificato che servirà per conteggiare in modo preciso il periodo esatto di astensione. 

DOCUMENTI NECESSARI.

È la lavoratrice a dover presentare al datore di lavoro e in via telematica all’INPS domanda di maternità entro i 2 mesi precedenti la data presunta del parto oltre a trasmettere, prima dell’inizio del congedo, il certificato medico di gravidanza di un medico del SSN (medico specialista di una struttura pubblica, medico di struttura convenzionata con il SSN, medico specialista convenzionato); trattandosi di data presunta, potrebbe esserci scostamento da quella che sarà poi la data ufficiale del parto.

Provvedimento finale

Una volta acquisito il certificato del SSN gli uffici emettono il provvedimento, che attesterà l’astensione per gravidanza a rischio a decorrere dal primo giorno non lavorato dichiarato dalla lavoratrice (solo se successivo alla data del certificato medico) fino alla data dichiarata dallo specialista del SSN.

Il provvedimento finale sarà inviato:

• alla lavoratrice,

• al datore di lavoro;

• all’istituto previdenziale presso il quale la lavoratrice è assicurata.

RIENTRO AL LAVORO: ALLATTAMENTO A RISCHIO, QUALI GLI OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO 

Al rientro dalla maternità il datore di lavoro deve valutare, per la lavoratrice, se ci sono rischi per l’allattamento nel rispetto delle linee guida elaborate dalla Commissione dell’Unione Europea. Deve valutare cioè se la mansione a cui la lavoratrice è normalmente assegnata, è compatibile con l’allattamento oppure se i suoi compiti rischiano di recare un danno o possono essere nocivi per la sua salute. In tal caso vengono adottate le misure necessarie affinché il problema venga risolto.

Se la neo mamma si trovasse esposta ad uno dei rischi di cui abbiamo già parlato, allora deve essere assegnata a una mansione diversa e non a rischio fino ai 7 mesi di vita del bambino. Un’Assistente di Studio Odontoiatrico potrebbe essere spostata esclusivamente in segreteria o in amministrazione.

Qualora invece non fosse possibile assegnare una mansione diversa alla neomamma, alla stessa spetta l’astensione dal lavoro fino al 7° mese. In questo caso la lavoratrice deve presentare apposita istanza scritta alla Direzione Territoriale del Lavoro competente che provvederà all’interdizione dal lavoro.

COME FUNZIONA LA DOMANDA PER ALLATTAMENTO A RISCHIO

La richiesta di interdizione dal lavoro post partum fino al compimento del 7° mese del minore per la lavoratrice madre addetta a lavori vietati o pregiudizievoli per la salute della donna e del bambino, deve essere indirizzata alla Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) di competenza del comune di svolgimento dell’attività lavorativa.

Tale richiesta, da parte della lavoratrice deve essere presentata su apposito modulo che si può scaricare su:  https://www.ispettorato.gov.it/it-it/strumenti-e-servizi/Modulistica/Documents/Interdizione%20anticipata-post%20partum%20lavoratrici%20madri/Modulo-INL-11-1-Istanza-interdizione-anticipata-post-partum-lavoratrice.pdf

Documentazione di istanza da parte del datore di lavoro: https://www.ispettorato.gov.it/it-it/strumenti-e-servizi/Modulistica/Documents/Interdizione%20anticipata-post%20partum%20lavoratrici%20madri/Modulo-INL-11-Istanza-interdizione-anticipata-post-partum-datore.pdf

Nella stessa istanza devono essere riportati i dati anagrafici della lavoratrice, l’indicazione della ditta/società/amministrazione dove la stessa è occupata e della relativa sede nonché di quella del luogo di lavoro effettivo.

A seguire va indicato il settore nel quale la lavoratrice è impiegata, se privato o pubblico, il suo contratto, se a tempo indeterminato o determinato con l’eventuale scadenza, o altro contratto, la qualifica della lavoratrice, il tipo di contratto se a tempo pieno con l’orario di lavoro e dei giorni settimanali, senza o con turni o ancora se a tempo parziale con la relativa specificazione dei giorni/periodi e l’orario di lavoro.

Va inserita l’indicazione relativa all’eventuale periodo di assenza dovuta a malattie o ferie. Deve essere poi riportata la richiesta relativa all’interdizione dal lavoro fino al 7° mese dal parto con l’indicazione della data in cui questo è avvenuto.

Nell’istanza la lavoratrice deve dichiarare di avere presentato al proprio datore di lavoro il certificato medico di nascita e la data di presentazione dello stesso (D.lgs. 151/2001 art. 21.2).

La domanda si conclude con l’informativa sulla privacy, in cui la lavoratrice dichiara di essere stata informata, ai sensi e per gli effetti del Regolamento (UE) 2016/679, che l’Ispettorato tratterà i dati necessari alla gestione dell’istanza con le modalità prescritte per il trattamento dei dati personali.

La richiesta va quindi, datata e firmata dalla lavoratrice. In caso di diniego di accoglimento da parte della DTL, alla lavoratrice verranno comunicate le motivazioni, la stessa può quindi presentare entro 10 giorni successivi può presentare ulteriori documentazioni e osservazioni.

I consulenti del Sindacato SIASO rispondono alla mail consulenti@siaso.it per ogni richiesta o chiarimento.

riferimenti bibliografici:

https://web.camera.it/parlam/leggi/deleghe/01151dl.htm

https://www.lavoroediritti.com