* a cura di Carlo Ferrari – Psicologo
Qualche settimana fa sono stato invitato a scrivere su questa rivista e, dopo una breve riflessione, ho deciso di scrivere un articolo sulla paura del dentista. La paura è considerata un’emozione negativa, causata da una minaccia di pericolo, dolore o danno. Tuttavia, la paura cosiddetta “funzionale” è necessaria per la sopravvivenza dell’essere umano, poiché ne garantisce la conservazione. Oltre alla paura “protettiva”, esiste la paura “disadattiva”, che è un’esagerata reazione a una situazione non potenzialmente pericolosa, dolorosa o dannosa. L’individuo, a causa di questa reazione esagerata, arriva a evitare coscientemente lo “stimolo” spaventante. Questo atteggiamento può diventare così invasivo da rendere impossibile all’individuo lo svolgimento di alcune sue attività o da limitarle fortemente (per esempio, la paura degli aghi, la paura di volare). In questi casi si parla di vere e proprie fobie. Spesso la fobia è di carattere anticipatorio, cioè non legata a precedenti esperienze dolorose, ma ha una forte componente psicologica, legata alla storia di vita del paziente. La paura si acquisisce memorizzando l’evento spiacevole in modo da poterlo evitare in futuro. Ciò è possibile in tre modi: sperimentando di persona una situazione traumatica; per imitazione, ascoltando od osservando esperienze altrui, o imparandola da istruzioni e/o informazioni. La gravità della paura dipende dalla pericolosità, dalla durata e dalla frequenza di esposizione allo stimolo e, ovviamente, dalla gravità delle conseguenze negative subite. Nelle fobie entrano in gioco anche altri fattori, come caratteristiche di personalità, traumi irrisolti, difficoltà di gestione delle emozioni … Una delle paure che può provare una persona è quella del dentista. Questo tipo di paura può essere indotto dalla possibilità di soffrire durante i trattamenti, ma questo non è tutto. Infatti, nonostante i recenti progressi tecnologici in odontoiatria, volti a ridurre notevolmente la sofferenza dei pazienti, la prevalenza della paura del dentista sembra essere sorprendentemente stabile negli ultimi 30-50 anni (Smith & Heaton, 2003), anche se, in una ricerca condotta in Svezia, si segnala un calo dell’ansia per il dentista tra i ragazzi di 15 anni (Stenebrand, 2015). Questo perché la paura del dentista è dovuta a più paure, come quella di perdere il controllo, dell’ignoto (mancanza di informazioni e/o di comunicazione con il medico), delle procedure invasive, del rumore prodotto da diversi strumenti e del sanguinamento. Inoltre, il paziente si trova in una situazione di parziale immobilità, a volte per lungo tempo, impossibilitato nella comunicazione verbale, può provare difficoltà nella respirazione e nella deglutizione. La bocca, inoltre, è psicologicamente considerata una parte del corpo da proteggere e quindi tale situazione può portare anche a una sensazione di “invasione” del proprio corpo e quindi di disagio. Oltre alla paura, esiste anche la fobia per il dentista, che è un’eccessiva paura e terrore verso tutto quello che viene associato indistintamente a qualsiasi cura dentale, anche al semplice controllo di routine, diventando così un’ossessione da indurre il soggetto a procrastinare o addirittura evitare totalmente le cure, fino ad arrivare, a volte, a condizioni di salute irreversibili. L’altra faccia della medaglia è il fatto che il trattamento dentale a pazienti impauriti diventa impegnativo anche per i dentisti. Spesso l’intervento su pazienti “problematici” diventa fonte di preoccupazione e causa di stress per i loro dentisti. Questi ultimi raccontano che questo tipo di pazienti tende a saltare o cancellare tardivamente gli appuntamenti più dei pazienti non paurosi. Tutto ciò, spesso, fa annoverare i pazienti paurosi tra quelli più difficili da gestire, diventando anche dispendiosi in termini di tempo e redditività (Hill, Hainsworth, Burke & Fairbrother, 2008). Come si può curare la paura del dentista? Esistono alcune tecniche a disposizione per aiutare il paziente pauroso, che si possono distinguere in farmacologiche e psicologiche e possono essere usate singolarmente o associate a seconda del tipo e della gravità del disagio che il paziente porta. La farmacologia dispone di varie molecole che possono abbassare i livelli d’ansia, portando il paziente a una migliore accettazione e collaborazione verso l’intervento. Nei casi più problematici si può intervenire tramite la sedazione cosciente. Tra gli interventi psicologici più comuni cito quello cognitivo-comportamentale, che cerca di ridurre e/o estinguere la paura. Questo tipo di intervento si è rivelato più efficace rispetto all’anestesia generale da uno studio condotto in Svezia (Berggren & Linda, 1984), successivamente confermato da un followup a 10 anni (Hakeberg, Berggren & Carlsson, 1990). Oltre agli interventi prettamente psicologici, i dentisti, insieme a tutta la loro equipe presente in studio, possono aiutare il paziente pauroso ad alleviare la paura. La competenza dello staff può dare sicurezza al paziente e la sicurezza può diminuire la paura. Un altro aspetto importante riguarda la presa in carico del paziente, attraverso la personalizzazione del trattamento, ascoltando i suoi bisogni, accogliendo i suoi timori e le sue perplessità. Durante la presa visione del consenso informato, il paziente potrebbe richiedere ulteriori spiegazioni, che dovrebbero essere date da personale addestrato all’interazione con il paziente, con una buona capacità empatica, competenza tecnica e in grado di saper usare l’ascolto attivo. Inoltre sarebbe importante evitare tecnicismi e termini allarmanti. Un aspetto critico è la gestione del dolore, ma se il paziente sa che il dentista farà di tutto per evitare o alleviare il dolore, si affiderà con più tranquillità e sarà più collaborante. Ai pazienti meno avvezzi alla poltrona è possibile spiegare come, negli ultimi anni, i nuovi materiali e le tecniche odontoiatriche abbiano reso il trattamento meno doloroso rispetto a 20 o 30 anni fa (Rosu, Ionas & Ghergic, 2014). Un altro fattore che può abbassare i livelli d’ansia è basato sul design ambientale in senso lato: la cura del dettaglio, l’ordine, la gestione dei rumori, l’insonorizzazione, la musica di sottofondo, i colori usati sulle pareti… Ora vi racconterò la mia esperienza. Fra poco compirò 57 anni e sono diventato un paziente dei dentisti già in tenera età, più di 50 anni fa. Sono quindi un testimone vivente dei cambiamenti avvenuti negli studi dentistici negli ultimi decenni. Il mio primo dentista non era nemmeno un dentista, bensì un odontotecnico, ma ricordo che mia mamma si rivolgeva a lui con il titolo di dottore. Nel suo studio usava i trapani a cinghia, aveva poca propensione a praticare l’anestesia, il suo motto era: “Resisti più che puoi, così non ti faccio l’anestesia” e io, con fare stoico, resistevo fino alla fine contro dolori lancinanti. Poi cambiammo e andammo da un vero dentista, ma la tendenza a praticare l’astinenza dall’anestesia era ancora presente.
Quindi uscivo sudato e teso come una corda di violino dallo studio, ogni volta che dovevo fare una piccola otturazione. Ero arrivato a sperare che mi facessero sempre le devitalizzazioni, visto che per quel tipo di intervento l’anestesia era prevista. Qualche anno dopo, quando vidi il film “Il maratoneta”, capii molto bene la sofferenza del personaggio, interpretato dal fantastico Dustin Hoffman, nella famosa scena della tortura. Passando gli anni e cambiando altri dentisti, le cose iniziarono ad andare sempre meglio. Ho notato soprattutto un miglioramento nell’approccio verso il paziente e finalmente anche l’uso preventivo dell’anestesia. Nell’ultimo studio dentistico, dove sono finalmente approdato, ho trovato, da parte di tutto lo staff, grande professionalità, capacità di accogliere e di ascoltare con attenzione le istanze del paziente, sia prima che durante l’intervento: per esempio la prima volta mi hanno fatto visitare la struttura e con questo piccolo gesto mi sono sentito accolto. Tutto ciò ha contribuito ad abbassare il mio livello di ansia e a farmi sentire al sicuro. Ora non esco più dallo studio teso come una corda di violino.
BIBLIOGRAFIA Berggren, U., & Linda, A. (1984). Dental fear and avoidance: a comparison of two modes of treatment. J Dent Res(63), 1223-1227. Hakeberg, M., Berggren, U., & Carlsson, S. (1990). A 10-year followup of patients treated for dental fear. Scand J Dent Res(98), 53-59. Hill, K., Hainsworth, J., Burke, F., & Fairbrother, K. (2008). Evaluation of dentists’ perceived needs regarding treatment of the anxious patient. British Dental Journal, E13, 442-443. Rosu, A., IONAŞ, M., & GHERGIC, D. L. (2014, Oct-Dec). MANAGEMENT OF PATIENTS WITH DENTIST-PHOBIA. A CASE REPORT. International Journal of Medical Dentistry, 18(4), p. 333-336. Smith, T., & Heaton, L. (2003). Fear of dental care: are we making any progress? American Dentist Association, 134, 1101-1108. Stenebrand, A. (2015). Dental anxiety among 15-year-olds. Psychosocial factors and health.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.