Quale servizio deve offrire lo studio odontoiatrico ai pazienti? La risposta possibile è una sola: noi ci dobbiamo preoccupare della loro salute. Una volta che abbiamo scelto questa direzione, come facciamo a produrre salute? La risposta è fare prevenzione. Per produrre salute bisogna fare prevenzione. Esistono diverse definizioni di prevenzione: più in generale sono quelle azioni che servono per impedire o ridurre la probabilità che si verifichino degli eventi non desiderati. Se aggiungiamo a questa definizione l’elemento della salute, la prevenzione è l’insieme delle attività che servono per promuovere e conservare lo stato di salute. Ma non ci interessano tanto le definizioni quanto sapere come fare a rispondere agli interrogativi. Quando fare prevenzione? Chi deve fare prevenzione? Come si fa prevenzione? La prospettiva del medico. Il medico valuta il paziente in base alla presenza o meno di una malattia. Per il medico la persona che ha di fronte è un paziente sano o un paziente malato. Se è un paziente sano il suo lavoro sarà mirato a fare sì che non si ammali facendo prevenzione primaria, se è un paziente malato deve intercettare la malattia e intraprendere le cure. La prospettiva del paziente è profondamente diversa: per il paziente c’è uno stato in cui sta bene, si sente bene, e uno stato in cui sta male. Se il paziente non ha malattia sta bene: il paziente ideale è il paziente sano sul quale il medico deve lavorare per mantenere lo stato di salute. Il paziente può stare bene anche se ha una malattia che non sa di avere: per esempio, una patologia in fase iniziale. Ma per il medico è già un paziente malato. Poi c’è la situazione in cui il paziente è malato e sa di esserlo. Negli ultimi anni si è sviluppata una quarta forma di prevenzione definita “quaternaria”: il paziente non è malato ma sta male, sospetta di essere malato, si sente male e fa esami in cui cerca riscontri sul suo malessere. Atteggiamento questo che porta talvolta i medici a diagnosi non richieste o over treatment. In odontoiatria, le carie sono le malattie più diffuse e sappiamo da molto tempo quanto sia necessario fare prevenzione. C’è una malattia parodontale, il tumore del cavo orale, non così diffusa su cui abbiamo il dovere di fare prevenzione primaria, riducendo i fattori di rischio di sviluppo del carcinoma del cavo orale e fare prevenzione secondaria intercettandolo precocemente per intervenire e salvare/migliorare la vita dei pazienti che ne sono affetti. Questa prevenzione va fatta a tutti i costi perché ancora oggi in Italia il tumore della bocca è una battaglia persa, tanto che viene diagnosticato troppo tardi in quasi il 70% dei casi, addirittura al quarto stadio. Così si hanno poche possibilità di cura: se vogliamo salvare i pazienti e garantire loro una migliore qualità di vita dobbiamo intervenire precocemente, in “stadio 1”. I dati più recenti dimostrano che l’incidenza e la mortalità sono troppo alte in Italia e bisogna incrementare prevenzione primaria e secondaria. Chi deve fare prevenzione? Sicuramente tutti insieme, ognuno con i propri compiti, cioè il team, l’odontoiatra, l’igienista, le assistenti ma anche la popolazione, cioè i pazienti, coinvolgendoli direttamente. Per raggiungere l’obiettivo bisogna lavorare in squadra. Il giuramento di Ippocrate docet, ma anche le igieniste sono chiamate a questa stessa responsabilità. Prevenzione non significa soltanto lavare i denti, togliere il tartaro dalla loro superficie, ma deve interessare l’intera salute del cavo orale. Le igieniste hanno un ruolo fondamentale non soltanto dal punto di vista strettamente tecnico ma anche di comunicazione verso i pazienti. Devono illustrare i fattori di rischio e intercettare eventuali comportamenti sbagliati, come l’abitudine al fumo o stili di vita non corretti. Poi ci sono le assistenti, categoria sulla quale si è fatto tanto, ma sulla quale resta ancora tanto da fare. Anche le assistenti si occupano di prevenzione. Come si fa prevenzione? E come ci si interfaccia con i pazienti? Bisogna controllare i fattori di rischio, fare counseling, parlare con loro. E poi intercettare le patologie il prima possibile. E questo lo si fa semplicemente guardando loro in bocca, con un esame obiettivo corretto. Anche un’analisi attenta delle mucose dei pazienti è un’abitudine che deve essere messa in pratica ogni volta anche su chi si rivolge all’odontoiatra per un altro malessere. Fare prevenzione primaria e secondaria è un dovere, non si può fare una volta sì e una no. Oltre al team, c’è la popolazione: bisogna parlare alla gente e farlo su larga scala. Si è fatto troppo poco finora. È necessario che la prevenzione negli studi sia quotidiana e su larga scala dando al paziente le giuste informazioni. Deve sapere che bisogna guardare in bocca, che se le gengive sanguinano non è normale, ma significa che c’è una patologia in atto da debellare. L’anno scorso il Cenacolo milanese ha portato avanti un’iniziativa a livello locale, poi allargata su scala nazionale con l’adesione degli altri Cenacoli, sulla necessità di guardarsi in bocca per riconoscere precocemente il tumore del cavo orale. Questa campagna ha avuto buoni risultati, ma è ancora insufficiente. È necessario che le istituzioni, a partire dal Ministero, si facciano carico di dare impulso alle iniziative di promozione della prevenzione per ciò che riguarda la bocca. A chi fare prevenzione. Oltre a sapere chi deve fare prevenzione dobbiamo porci la domanda a chi si deve fare. La risposta è semplice: la prevenzione va fatta su tutti, non ci sono categorie più a rischio. Va fatta a qualsiasi età. Va fatta dando alle persone gli strumenti giusti e monitorarle. Fare prevenzione non significa dire al paziente di lavarsi i denti o di comprarsi uno spazzolino o un dentifricio piuttosto che un altro. Fare prevenzione significa mettere nelle mani del paziente lo strumento giusto, con la consapevolezza che meno strumenti mettiamo nelle sue mani, meglio è. E poi dobbiamo continuamente rivedere, rivalutare, per avere la certezza che quello strumento in quelli mani abbia funzionato. Altrimenti l’impegno messo non serve a niente. Quando fare prevenzione? In odontoiatria sempre, ancora prima del parto, quando si è nella pancia della mamma. Non si può fare terapia se prima non è stata fatta prevenzione che abbia dato i risultati prefissati. Una buona prevenzione garantisce terapie migliori. Come farla? Prendendo il paziente per mano una sorta di alleanza terapeutica per lavorare insieme con il medesimo obiettivo, ognuno secondo il proprio ruolo, compreso lo stesso paziente. Oggi non è così facile parlare con loro e far capire cosa stiamo facendo per loro, soprattutto quando si tratta di interventi poco consistenti: se mettiamo un dente nuovo a un paziente, lui lo vede, lo sente, si accorge che c’è, che qualcosa è stato fatto. Se invece facciamo prevenzione, non ha la stessa percezione che qualcosa sia stato fatto anche perché i risultati magari li vedrà dopo vent’anni. È difficile addirittura far pagare per la prevenzione. Oggi purtroppo o per fortuna abbiamo pazienti che sanno molte cose, che si sono documentati, soprattutto su internet, e che fanno delle domande a cui hanno già delle risposte in testa. Ed è difficile dare una risposta a un paziente che ne ha già una sua idea radicata. Noi dobbiamo comunque rispondere alle sue domande nel miglior modo possibile e nel miglior tempo possibile. Per farlo dobbiamo aggiornarci: noi non dobbiamo dire ai nostri pazienti quello che pensiamo o quello che ci ha riportato un collega. Dobbiamo dare risposte di certezza con consapevolezza che nel corso degli anni, dei mesi, le cose possono anche cambiare e ciò che era vero dieci anni fa può non esserlo più oggi. Questa certezza ce la dobbiamo andare a prendere da soli aggiornandoci, leggendo libri e riviste, cercando fonti come le linee guida, le revisioni scientifiche, gli articoli internazionali ecc. Anche stampare le linee guida e tenerle in studio da mostrare o distibuire ai pazienti è uno strumento utile per dare loro alcune delle risposte che cercano. Concludendo, credere nella prevenzione è come avere una bacchetta magica che nelle mani giuste può fare grandi cose. Bisogna innanzitutto crederci. Ma tutto questo quanto costa? La prevenzione costa tanto perché richiede tanto tempo dato che il paziente va seguito giorno per giorno, mese per mese, anno per anno. Noi sappiamo che nei nostri studi ciò che ci costa di più è il tempo. Ma se mettiamo sul piatto della bilancia quello che costa la prevenzione e quello che costano le cure, queste ultime costano senz’altro di più. Se noi vogliamo banalmente risparmiare ci conviene fare prevenzione piuttosto che cure.
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