Editoriali

Società di capitale e legge della concorrenza

low-costA Milano si dice: “ al mercato, chi grida di più la vacca è la sua…”. Mi sembra che questo antico detto milanese ben si adatti a quanto sta accadendo in questi giorni attorno alle società di capitale in campo odontoiatrico. Sono malviste e odiate dalla grande maggioranza dei dentisti per più motivi:

  1. Sono scese in campo con l’artiglieria pesante, lanciando campagne pubblicitarie aggressive e penetranti, che hanno destabilizzato il singolo studio odontoiatrico
  2. Hanno fatto balenare l’idea di costi contenuti (non sempre reali) solleticando così le speranze di tanti cittadini
  3. Hanno vantato capacità organizzative e professionali del tutto supposte, ma sufficienti per attrarre pazienti non particolarmente attenti
  4. Hanno avuto testimonial conosciutissimi dal grande pubblico, lasciando supporre che: “… se ci va lei…”
  5. Sono aperti la sera fino a tardi, il sabato, durante i periodi festivi (agosto, Natale ecc…) spiegando che il servizio è sempre attivo.

Una serie di motivi sufficienti a richiamare molte migliaia di pazienti. E tutto ciò, comprensibilmente, ha profondamente irritato gli studi che si vedevano sottrarre clienti in un periodo di vacche magre.

Allora viene proposto da ANDI un emendamento alla legge attualmente in discussione sulla concorrenza, nel quale si dice che le società di capitale operanti in campo odontoiatrico, devono avere, nel Consiglio di Amministrazione, due terzi dei soci odontoiatri iscritti all’albo.
Due sono i motivi fondamentali alla base di questa richiesta:

  1. Una battaglia per il rispetto della deontologia medica e dell’etica a discapito della mercificazione della professione medica
  2. Le società possono fallire e scomparire, lasciando così il cittadino esposto nel mezzo di cure che ha già pagato

Sono ambedue argomenti importanti, ma facilmente smontabili. Perché mai la presenza di due terzi di odontoiatri nel CdA dovrebbe garantire il rispetto della deontologia e il resto? Prendiamo l’ultimo scandalo sanitario in Lombardia: Rizzo è un medico, Longo un odontoiatra e ciò non ha certo impedito lo sviluppo di un mercato criminale ai danni dei cittadini. Anzi, proprio da loro è partita la grande truffa. E alla clinica Santa Rita di Milano, dove si operavano a cuore aperto pazienti con il mal di gola per incassare i ricchi rimborsi, chi era responsabile? Medici e chirurghi al di sopra di ogni sospetto. Questo elenco potrebbe continuare all’infinito, e dimostra ampiamente come la presenza di medici, di per sè, non garantisca proprio nulla.

Per quanto riguarda la seconda questione mi sembra ragionevole la posizione dell’avvocato Marco Pierani, responsabile delle relazioni esterne di “Altroconsumo”: «È vero che se la società fallisce e chiude da un giorno all’altro baracca e burattini il paziente rischia di rimanere a metà della cura, ma nulla impedisce che anche il singolo dentista chiuda lo studio e se ne vada alle Bermuda».

Suona d’altronde risibile porsi la questione se queste società sono create per il bene della salute del cittadino o per guadagnare. Da quando la sanità privata ha come scopo la salute del cittadino? Lo scopo è il guadagno che si realizza attraverso un’attività di impresa che si sviluppa nel campo della salute.

Se cominciamo a sgomberare il campo da queste affermazioni evitiamo di perdere tempo e ci concentriamo sui veri problemi.

  • È vero, come afferma ANDI, che è necessario garantire etica e professionalità. E allora che si dica chi deve fare da garante e deve realmente vigilare. Perché è chiaro che quando si propaganda la seduta d’igiene orale gratuita o a 19 euro significa che NON viene fatta una seduta di igiene orale: si pasticcia per qualche minuto nella bocca del paziente (c’è persino scritto: “massimo 20 minuti”) e si volgarizza la più nobile delle attività odontoiatriche: la prevenzione. E poi chi va a controllare che tutta la strumentazione venga regolarmente sterilizzata, che ogni pacco imbustato abbia l’etichetta con la data di scadenza, che tutte le mattine vengano fatti i test (Elix test) sul funzionamento delle autoclavi, che tutte le assistenti siano in possesso del certificato ASO della Regione Lombardia o equivalente, che tutto il personale abbia superato il corso di formazione obbligatoria (12 ore per gli studi odontoiatrici), che siano in regola con le norme antincendio, con i corsi e la documentazione per i radiografici, con l’elenco delle sostanze tossiche e pericolose, con i DPI e gli armadietti per il cambio per ogni operatore, con la messa a terra e le verifiche periodiche sulla dispersione di ogni apparecchio e così via dicendo per altre 50 o 60 norme di legge da rispettare?

E quale garanzia dovrebbero rappresentare degli odontoiatri nel CdA? Quando così tanti odontoiatri non sono a posto con la legge nei loro studi? A Genova su 30 controlli dei NAS (in studi privati) almeno 11 sono stati perseguiti perché non in regola con le norme sui radiografici.

  • È vero, come afferma ANDI, che se le società chiudono lasciano il lavoro a metà, il cittadino si trova senza i denti curati e il conto già pagato, perché in questi posti si paga tutto prima. E allora quale garanzia rappresenta il fatto che ci siano degli odontoiatri nel CdA? Bisogna trovare una forma di garanzia per il cittadino come si fa, per esempio, per i costruttori-venditori di case. Dopo tutti gli scandali e centinaia di famiglie rimaste senza casa e senza soldi perché le imprese fallivano, ora i costruttori devono depositare una cifra importante a garanzia dei compratori.

Se poi, invece, vogliamo dire che le società di capitale danno fastidio allora è un altro discorso. Però non si sono mai chiusi i supermercati perché davano fastidio ai negozianti e non si sono mai chiuse le grandi industrie perché davano fastidio alle piccole. Ma per la salute è un’altra cosa…. No, non è vero. Anche per la salute si realizza un’impresa (piccola, media, grande) con il compito di produrre un servizio che si chiama salute. Che per produrre questo servizio e che, nella produzione di questo servizio, ci si debba attenere a criteri etici e professionali è, per l’appunto, la specificità di questa produzione, ma ciò non toglie che, alla fine, questa impresa debba produrre utile per continuare ad esistere. Quindi smettiamola di fare quelli che: “i soldi ci fanno schifo” e vediamo quali regole ci devono essere per produrre reddito in modo onesto e corretto.

Mi rendo conto che non è facile ingoiare il rospo, ma non è facendo i farisei che si risolve il problema..